Aprile 28, 2025
cover Per te, che non ci sarai più_Artwork by Cecilia Grandi and Mino Buonincontri WEB

“I’ve always been / The kind of person / That loves with all their heart”. Io ho lo stesso “problema”, e chiunque lo abbia sarà visceralmente toccato da questo EP.

Adele Altro – in arte Anyother – è una cantautrice e polistrumentista italiana che si è sempre caratterizzata per un talento e una sensibilità rari. Per te, che non ci sarai più sembra proseguire sulla medesima onda di Stillness, stop: you have a right to remember (2024), confermando la raffinatezza emotiva dell’artista. In sole quattro canzoni, Adele riesce a contenere il peso del lutto e dell’elaborazione, accompagnando l’ascoltatore in una sorta di viaggio interiore: ogni canzone è la tappa di un percorso terapeutico. Le atmosfere però sono leggermente cambiate, più intimistiche e dirette: sembra quasi di assistere a una seduta di autoanalisi dell’artista, che canta in modo urgente il proprio dolore. Non ci sono filtri e le parole sono molto precise, allo stesso tempo semplici ed eleganti, come solo Adele Altro riesce ad essere.

Rispetto ai lavori precedenti, questo EP in particolare – forse proprio per il breve formato – appare ancora più coerente e le canzoni al suo interno sembrano raccontare tutte il medesimo dolore, ma con sfumature diverse. I quattro brani – due in italiano e due in lingua straniera (inglese e giapponese) – sono tutti incentrati sulla perdita e sono chiaramente autobiografici, come ha affermato anche l’artista, che ha raccontato che questo EP è nato dall’urgenza di raccontare – e forse tentare di superare – la morte di un caro amico e del suo cane, a distanza di pochissimo tempo.

La devastazione del lutto è ben chiara nel ritornello di Distratta: “Quanta fatica ci resta da fare? / In un giorno come questo il sole / È un insulto alla tua assenza”. La canzone apripista, uscita l’8 aprile, esprime, con una melodia dolceamara, la difficoltà di rimanere soli, di avere ancora cose da dire e del rimorso di non averlo fatto. Kono mama de ii (in italiano Va bene così), invece, sembra quasi rispondere al brano precedente, invitando ad accettare il dolore di una stanza “desolata e fredda”. Le poche parole di giapponese che si imparano dagli anime non aiutano a decifrare il testo, ma forse è proprio l’effetto desiderato. Sono la voce, il tono, la musica a rendere chiaro il significato del brano, probabilmente anche per il legame con il resto dell’EP. Il ritmo è in crescendo fin dal primo kono mama de ii, ripetuto più volte e con un innalzamento finale di tono, come se Anyother stesse cercando di rassicurare il suo e il nostro io.

Poi arriva Lazy, che sembra apparentemente una contraddizione in questo percorso terapeutico, ma non è affatto così. Adele ricorda che ci sono alcuni problemi più difficili di altri da allontanare, che “cantano velocemente” e ci fanno apparire “pigri”. L’artista canta di questo dolore – che sembra avere a che fare con la sua stessa essenza, il suo “amare con tutto il cuore” –, quasi come di un vecchio compagno, con un’intensità ed un’eleganza che mi hanno ricordato Laura Marling e la sua capacità di rendere universali le sensazioni più intime. L’ultimo brano, che dà il titolo all’EP, ne è il perfetto epilogo: le parole sono strazianti, ma è evidente l’accettazione del dolore, della perdita di qualcuno con cui si aveva un forte legame, di sentirsi soli. Sono le domande accorate ad accompagnare questa accettazione, commovente proprio nella sua semplicità.

 I testi sono minimali e poetici, e alla loro eleganza contribuisce anche il bellissimo arrangiamento – oltre che di Adele Altro – di Marco Giudici, Nicholas Remondino e Giulio Stermieri, con l’aiuto di Alessandro Cau e Federico Fenu. Insieme sono stati in grado di unire folk, rock, cantautorato in un prodotto unico e innovativo, anche grazie all’eclettismo linguistico.

Per te, che non ci sarai più, in uscita il 29 aprile per 42 Records, è uno dei lavori più toccanti dell’anno. Non solo per chi condivide lo stesso tipo di sensibilità, ma per chiunque abbia provato un dolore e abbia sentito l’urgenza di trasformarlo in altro.

Articolo a Cura di: Emma Salone

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